Pietrogrado, Shanghai by Alain Badiou

Pietrogrado, Shanghai by Alain Badiou

autore:Alain Badiou [Badiou, Alain]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9791222306315
editore: © 2023 – MIM EDIZIONI SRL


8. La Comune di Shanghai

La fine del 1966 e l’inizio del 1967 rappresentano un punto culminante della Rivoluzione culturale: l’entrata in scena massiccia e decisiva dei lavoratori delle fabbriche. Shanghai ha svolto un ruolo di primo piano in questo momento culminante.

È importante vedere il paradosso di questa entrata in scena di quella che è ufficialmente la “classe dirigente” dello Stato cinese. Viene, se così si può dire, da destra. Nel dicembre del 1966, sono stati i burocrati locali, la leadership conservatrice del partito e della municipalità, a usare una clientela operaia – in particolare i sindacalisti – contro il movimento maoista delle Guardie rosse. Proprio come in Francia nel maggio ’68 e negli anni successivi, il Partito comunista francese cercò di utilizzare la vecchia guardia della Confederazione generale del lavoro contro gli studenti rivoluzionari legati ai giovani lavoratori. Approfittando di una situazione mutevole, i bonzi del Partito e della municipalità di Shanghai hanno lanciato ai lavoratori ogni sorta di rivendicazione settoriale di tipo puramente economico, opponendosi a qualsiasi intervento dei giovani rivoluzionari nelle fabbriche e nelle amministrazioni (proprio come nel maggio ’68 il Partito comunista francese sbarrava le fabbriche con picchetti al suo soldo e dava ovunque la caccia ai “sinistrorsi”). Questi movimenti sindacalizzati, condotti con maleducazione, sono su larga scala, soprattutto gli scioperi dei trasporti e dell’energia, che mirano a diffondere un’atmosfera di caos, in modo che i bonzi del partito potessero presentarsi come i salvatori dell’ordine. Per tutti questi motivi, la minoranza rivoluzionaria sarà costretta a intervenire contro gli scioperi burocratizzati e a opporre all’“economicismo” e alla richiesta di “incentivi materiali” un’austera campagna per il lavoro comunista e, soprattutto, per il primato della coscienza politica globale sulle rivendicazioni particolari. Questo era il terreno del grande slogan sostenuto in particolare da Lin Piao: “Combattere l’egoismo e criticare il revisionismo” (sappiamo che per i maoisti “revisionista” designa la linea di abbandono di ogni dinamica rivoluzionaria seguita dall’URSS, dai partiti comunisti che da essa dipendono e da un gran numero di quadri di partito cinesi).

All’inizio, il gruppo operaio maoista era piuttosto debole. Si parla di 4.000 lavoratori verso la fine del 1966. Si legherà naturalmente alle Guardie rosse e costituirà una minoranza attivista. L’alleanza tra studenti e operai darà luogo, tra le altre notevoli immagini rivoluzionarie, alla riapertura del porto grazie al lavoro incessante degli studenti, che si impegnano così nello slogan comunista dell’abolizione delle gerarchie nel lavoro e in particolare della separazione tra lavoro manuale e intellettuale.

Resta il fatto che il suo raggio d’azione nelle fabbriche non è molto grande, tranne che in alcune imprese la cui gloria sarà offerta come esempio dai rivoluzionari per diversi anni, come la fabbrica di macchine utensili. A mio avviso, è proprio perché l’azione diretta dei lavoratori nelle fabbriche incontra una forte resistenza (la burocrazia è qui molto ben radicata) che gli attivisti maoisti si diffonderanno a livello del potere urbano. Con l’aiuto di alcuni quadri, da tempo schierati con Mao, e di una parte dell’esercito, avrebbero deposto la municipalità e il comitato locale del Partito.



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